domenica 30 dicembre 2012

LA GAZZA LADRA, SPARTITO IMBUCATO


Ho sempre amato i concerti orchestrali, mi emozionano come ascoltatrice e mi divertono come spettatrice. Il direttore d'orchestra per quanto aggraziato o elegante mi pare sempre un bambino spiritato che gioca col vento. I musicisti spesso riescono a formare suonando un movimento ad onda che deflagra, una coreografia senza la saccenza di un coreografo, un'improvvisazione che amo e che non ha bisogno di alcun intervento di regia. Mi piace l'atmosfera che si sprigiona nell'attesa dell'inizio, il brusio che scema e il silenzio che si crea, il mancato obbligo al divertimento o allo sbraito libero, allo spogliarsi che non si respira o al ballare per forza se no pari un'alienata. Amo il boom interiore al quale non so dare nome che mi si libera di botto col partire della prima nota e la strana sensazione a fine concerto che (non so perchè) associo a quella che si prova appena usciti da un'ora di sauna. Sarà che mio padre è un grande appassionato d'opera e melodramma, sarà che per casa da bambina sono sempre girati una quantità spropositata di misteriosi cofanetti in vinile su sfondo nero e font gotico dorato. Ricordo che ogni volta che li aprivo dentro ci trovavo storie da tutto il mondo. Sarà che ammiro chi del suonare uno strumento riesce a farne un mestiere, sarà che muoversi con uno strumento è come viaggiare in compagnia, la compagnia di qualcuno che non rompe le scatole, con il quale musicare ricordi, che nei momenti di sconforto puoi anche abbracciare. Fatto sta che il mio ultimo acquisto, dopo quattro ore di shopping compulsivo facendo a gomitate con un paio di ottantenni al mercatino del Mato Grosso (oltre ad un altro paio di chincaglierie) sono degli spartiti impolverati imbucati dentro un cartone. A lavoro terminato, sporca di gessetti ovunque poggio gli spartiti sul leggio a fianco dell'ukulele e dell'armonica, ringraziando mentalmente il liutaio anonimo di Bologna che mi ha ospitato e ispirato dentro la sua bottega per qualche tempo.

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